Il rischio particolato: pressione infettiva, endotossine, resistoma e gas nocivi sono incognite sospese.
ONE HEALTH, BIOSICUREZZA, SOSTENIBILITA’

In allevamento il rischio biologico assume anche una configurazione occupazionale: una sua corretta valutazione non può prescindere dalla correlazione tra profilo epidemiologico dei patogeni coinvolti e attività antropica, in funzione di (a) rischio espositivo nel tempo e nello spazio e (b) stato di salute delle risorse umane (es. suscettibilità individuale ad allergeni aerodiffusi); (c) danni potenziali e (d) applicazione delle misure preventive (es. uso DPI, profilassi vaccinale, igiene mani) (1). Soprattutto in suinicoltura, l’attività veterinaria è associata ai rischi specifici di malattie professionali riconosciute dall’INAIL ai sensi del DL 81/2008.

Nell’attuale scenario One Health, zoonosi e tecnopatie possono essere due sfaccettature dello stesso challenge per cui nei moderni allevamenti professionali le sfide sanitarie emergenti diventano complesse e cruciali.

Nei ricoveri zootecnici polveri sospese si formano attraverso l’attività animale, le operazioni di stalla, il funzionamento degli impianti aeraulici, il biofilm smosso dalla pavimentazione e la somministrazione del mangime.

In corso di produzione uno di questi agoni diviene quindi il contrasto alla pressione infettiva veicolata dal particolato e dalle polveri respirabili anche per la necessità –a beneficio dell’uso sempre più prudente degli antibiotici – di sventare il resistoma ovvero la capacità degli agenti patogeni diffusibili per via aerogena di acquisire resistenza nei confronti degli antimicrobici: nel caso di Staphylococcus aureus, il particolato addirittura potenzia le capacità biofilmogene e aumenta il potenziale infiammatorio del germe (2).

Ceppi di Escherichia coli produttori di β-lattamasi a spettro esteso (es. Extended-spectrum β-lactamase-producing E. coli, ESBL-EC) o pAmpC (es. plasmid-mediated AmpC-producing E. coli, pAmpC-EC), resistenti ad antibiotici β-lattamici strategici in ambito ospedaliero e veterinario, sono sempre più frequentemente isolati nelle polveri diffuse, con dimostrato rischio di infezione crociata per l’uomo (3).

Un’indagine metagenomica condotta in 181 allevamenti suini e 178 allevamenti avicoli di 9 paesi UE ha identificato la presenza di 407 geni di resistenza agli antibiotici negli oltre 9000 capi analizzati (4). Veterinari, allevatori e addetti di allevamento quotidianamente esposti ad allergeni presenti nell’aria (es. PM10, endotossine e microrganismi) formano una categoria professionale sensibilmente incline allo sviluppo di sindromi respiratorie che possono compromettere la funzionalità polmonare (5).

I limiti di esposizione occupazionale variano in funzione dell’attività svolta in allevamento: concentrazioni di particolato più elevate sono osservate in corso di somministrazione del mangime, in occasione delle profilassi vaccinali e/o dei prelievi di sangue (6).

Ai sensi del DL 155/2010 – normativa di riferimento per la qualità dell’aria ambientale – i limiti annuali di particolato per la protezione della salute umana in 50 e 25 µg/m3, per PM10 e PM2.5 rispettivamente: tali parametri di legge sono cogenti perché l’inalazione di particolato è statisticamente correlata all’incremento dell’incidenza di asma, cancro ai polmoni e malattie cardiovascolari (7).

Infine – con riferimento all’attualità veterinaria nel comparto suinicolo nazionale – recenti acquisizioni scientifiche dimostrano che il particolato può addirittura risultare positivo alla contaminazione da virus della Peste Suina Africana soprattutto in caso di turbolenze ambientali (es. variazione dei flussi di ventilazione, distribuzione del mangime) che consentono all’agente patogeno di valicare la distanza di 10 metri, con una variabilità dipendente da temperatura (es. <4°C), velocità del ricambio d’aria e ceppo virale (8).

Oltre a diffondere agenti patogeni ed endotossine, le polveri sospese trattengono anche inquinanti nocivi (es. ammoniaca, anidride carbonica) a detrimento di benessere e produttività animale. Nella categorizzazione degli allevamenti in fasce di rischio aziendale agli effetti del benessere animale, Classyfarm considera il microclima interno (es. temperatura, umidità relativa, polverosità) e la qualità dell’aria (es. concentrazione di ammoniaca) pre-requisiti soggetti a verifica di conformità (9).

A complemento delle fondamentali misure di biosicurezza (es. quarantena delle rimonte, sorveglianza sanitaria, dispositivi di protezione individuale, formazione del personale), il rischio biologico zoonosico può essere contrastato riducendo l’esposizione al particolato anche tramite interventi di disinfezione programmati in presenza degli animali (es. virkonizzazione) per limitare la diffusione di agenti patogeni associati alle polveri sospese, controllare il bioaerosol infettivo, contenere la concentrazione di endotossine aerodisperse e gas nocivi tramite l’applicazione di presidi autorizzati a questa modalità d’impiego per dimostrata innocuità nei confronti degli animali, sicurezza per gli operatori ed efficacia nei confronti di agenti patogeni resistenti (10).

In definitiva, nel controllo e nella prevenzione del rischio biologico occupazionale in allevamento è strategica la consapevolezza del Medico Veterinario che un duplice obbiettivo One Health può essere conseguito da protocolli innovativi di profilassi diretta che contribuiscono alla sicurezza sul posto di lavoro mentre tutelano la sanità animale, valorizzano la produttività d’impresa e assicurano la salubrità della derrata destinata al consumo.

Bibliografia

1.    Guadagno F. et al. Verifica e prevenzione del rischio biologico in suinicoltura. Una proposta operativa. Atti XLIV Congresso SIPAS. Pagina 289-300 (2018).

2.    White J.K. et al. Impact of dust on airborne Staphylococcus aureus’ viability, culturability, inflammogenicity, and biofilm forming capacity. Int. J. Hygiene Environ. Health 230: 113608 (2020).

3.    Dohmen W. et al. Air exposure as a possible route for ESBL in pig farmers. Environmental Research 155, 359-364 (2017).

4.    Munk P. et al. Abundance and diversity of the faecal resistome in slaughter pigs and broilers in nine European countries. Nature Microbiology 3(8): 898-908 (2018).

5.    Heederik D. et al. Health effects of airborne exposures from concentrated animal feeding operations. Environmental Health Perspectives, 120(3), 324-332 (2012).

6.    Van Ransbeeck N. et al. Exposure levels of farmers and veterinarians to particulate matter and gases during operational tasks in pig-fattening houses. Ann. Agri. Environ. Med. 21 (3): 472-478 (2014).

7.    Giovinazzo R. et. al. Agenti biologici: fattori di rischio cancerogeno occupazionale? Collana Sicurezza e Salute INAIL (2021).

8.    Li X. et al. Evidence of aerosol transmission of African swine fever virus between two piggeries under field conditions: a case study. Front. Vet. Sci. Volume 10 (2023).

9.    Buoio E. et al. Air Quality Assessment in Pig Farming: The Italian Classyfarm. Animals, 13, 2297 (2023).

10.  www.biosicurezzaweb.net/virkon-s-prevenzione-in-continuo-doppiamente-one-health

Share