Da quando – a partire dai primi di agosto – il virus della PSA ha imposto il massimo livello di allerta sanitaria in tutti gli allevamenti dello Stivale, allevatori, veterinari e tutti gli altri interpreti della filiera suinicola vivono settimane difficili.

Uno scenario di incertezza e instabilità previsto anche per i prossimi 36 mesi: il tempo stimato dalle Autorità competenti per spazzare via il nuvolone PSA e ripristinare la produttività del comparto alla ritmica pre-emergenza.

Questo obbiettivo di interesse strategico per la salvaguardia dell’immagine delle produzioni agroalimentari made in Italy e del valore aggiunto che il comparto suinicolo contribuisce alla bilancia commerciale del Paese è tuttavia conseguibile soltanto attraverso l’impegno incondizionato e meticoloso di tutti gli attori. Una chiamata alle armi che nessuno può rifiutare.

COMPORTAMENTI CONSAPEVOLI E IGIENE MENTALE

Come nei giorni del lockdown, il primo argine di contenimento contro il rischio infettivo si costruisce innanzitutto con comportamenti consapevoli e procedure di prevenzione sistematiche e coordinate, perché anche le strategie più efficaci e il senso di responsabilità in campo possono non bastare senza l’igiene mentale di tutti i protagonisti.

Questo confronto segna indubbiamente un momento di profonda crisi e indiscutibile sconcerto per il proseguo di un’attività d’impresa che spesso si è susseguita generazione dopo generazione, a volte scandita da regole tradizionali e impostazioni patriarcali.

I tempi però cambiano in continuo e impongono a tutti la necessità di reinventare la propria normalità per riposizionarsi in una nuova e forse più resiliente comfort zone.

Se il rischio PSA si è concretizzato anche nell’alleva-mento di precisione, significa innanzitutto ammette-re che in realtà sussistevano tutti i presupposti per-ché l’agente patogeno potesse materializzarsi.

Senza entrare nel dettaglio o attribuire responsabilità, tali premesse in un ideale vocabolario sono catalogabili in una sola pagina, sotto la voce… errore umano.

Ogni crisi nasconde però anche un’opportunità di apprendimento, crescita e riscatto.

Tale assioma è dimostrato dall’esperienza dell’industria avicola italiana bersagliata da periodici attacchi di influenza aviare ad alta patogenicità da oltre 20 anni, che però sono serviti per individuare misure di mitigazione e contenimento dei focolai, oggi più facilmente gestibili nonostante la tendenza all’endemicità della patologia.

Anche in suinicoltura oggi servono nuove regole del gioco: comprendere l’importanza strategica del fare sistema, rilanciare la filiera con un senso rafforzato di responsabilità, positività e proattività, ancor prima della conformità in toto alle disposizioni sanitarie nazionali e ai vincoli dei regolamenti di esecuzione comunitari.

IL CAPITOLATO DELLA BIOSICUREZZA

Come le scelte decisionali esercitano una forte influenza sulla struttura e sull’operatività della filiera delle carni suine, analogamente il fattore antropico condiziona l’efficacia e l’efficienza con cui vengono pianificati, attivati ed eseguiti gli interventi di prevenzione, sia nel contesto aziendale che sull’intero distretto geografico di produzione.

A tal proposito, nemmeno un capitolato di biosicurezza fa eccezione, a partire dall’esecuzione dei protocolli di igiene e disinfezione che – mirati al controllo di punti critici dell’allevamento – si confermano nevralgici per limitare l’ingresso di agenti patogeni altamente diffusibili sul territorio.

Nell’industria avicola italiana questo avviene già a partire dalla prima ondata HPAI del 1999-2000 e ha permesso di evidenziare l’importanza strategica di supporti documentali, formativi e informativi per il consolidamento della cultura e dei metodi della biosicurezza a lungo termine e non solamente contestualizzata al picco di allerta sanitaria.

IL DECALOGO DELLA PSA

Investire in protocolli di igiene e disinfezione de-dicando attenzione e tempo alla formazione di comportamenti biosicuri non solo costituisce un baluardo per contrastare la diffusione della PSA, ma permette di preservare la salute degli animali, assicurare la sostenibilità del settore e ottimizzare la redditività di impresa quando il rischio infettivo più frequentemente si palesa sotto forma di PRRS, PED, Brachyspira e Salmonella, come spesso avviene ancora nella quotidianità di tante realtà produttive.

Sulla base delle disposizioni cogenti tempestivamente elencate dalle Istituzioni Veterinarie, un decalogo di azioni prioritarie per contrastare il rischio PSA può essere declinato secondo le seguenti indicazioni.

1) Protocollo di igiene e disinfezione esteso anche agli automezzi con uso continuativo di presidi a comprovata efficacia anti-PSA nei varchi di biosicurezza in ingresso in allevamento e in apposite piazzole al macello, impiegati dopo l’applicazione di una soluzione detergente specifica per automezzi a profilo polish e non corrosiva.

2) Recinzione degli allevamenti per ridurre al minimo il rischio di ingresso di suidi bradi positivi nel comprensorio aziendale.

3) Monitoraggio costante tramite controlli sistematici della salute degli animali, segnalando tempestivamente sintomi sospetti e analizzando anomalie degli indicatori di produttività.

4) Formazione del personale per assicurarsi che tutti i collaboratori siano adeguatamente addestrati sulle procedure di biosicurezza. Tale iniziativa deve coinvolgere anche tutti i provider aziendali (es. autotrasportatori). Una cartellonistica di biosicurezza deve essere collocata strategicamente su tutto il sedime per un costante e permanente richiamo di manodopera e visitatori a comportamenti biosicuri.

5) Segregazione degli animali malati per spezzare immediatamente la catena del contagio.

6) Igiene personale di tutta la manodopera di allevamento e di eventuali visitatori con istituzione dell’obbligo di uso di gel barriera per l’igiene delle mani, cambio di abiti e calzature prima dell’ingresso negli allevamenti e tra i singoli reparti di produzione.

7) Controllo dei visitatori con limiti di accesso ai visitatori esterni e rispetto integrale delle misure di biosicurezza previste dal responsabile sanitario di allevamento (es. dogana danese in zona filtro, passaggio obbligato attraverso doccia passante).

8) Tracciamento e registrazione per rilevare accuratamente (anche tramite app di biosicurezza digitale) le movimentazioni di animali, persone e automezzi in transito per gli allevamenti.

9) Collaborazione con le Autorità instaurando un rapporto fiduciario con le Istituzioni di Sanità Pubblica finalizzato alla prevenzione del rischio infettivo su tutto il distretto geografico in cui è ubicato l’allevamento e alla gestione più efficace e più tempestiva di eventuali focolai confermati.

10) Comunicazione trasparente perché in tempo di emergenza diviene imperativo garantire che sia gli addetti di settore che i consumatori siano informati, possibilmente in tempo reale, su criticità e progressi nella gestione del rischio PSA.

L’impegno di tutti gli attori di filiera è quello di recepire ed eseguire tali linee-guida nella quotidianità dell’intera catena di produzione agroalimentare – dall’allevamento al macello – perché anche una sfida estrema come la PSA può essere affrontata con razionalità, determinazione e fiducia.

Quindi la biosicurezza non è solo un obbligo, ma esprime l’impegno di proteggere il valore della produzione animale e la volontà di tutelare l’immagine e… la produzione lorda vendibile delle eccellenze suinicole italiane nel Mondo.

In definitiva, citando la locuzione di un famoso Presidente della Banca Centrale Europea, biosicurezza… “Whatever it takes!”

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